Fan Ho (1931-2016)
“L’essenza di opere d’arte eccezionali non è la complessità ma la semplicità, non la molteplicità ma la completezza”.
- Pensieri sulla fotografia di strada, Fan Ho
Ciò che ha reso il suo lavoro così intensamente umano è il suo amore per la gente comune di Hong Kong: coolies, venditori ambulanti che vendono frutta e verdura, bambini che giocano in strada o fanno i compiti, persone che attraversano la strada. Cercava i suoi soggetti nei mercati, percorreva strade, si fermava in un vicolo, guardava costruire nuovi palazzi nella città nuova: Fotografava tutti i luoghi in cui le generazioni di Hong Kong passeggiavano veloci, riprese dalla Rolleiflex di Ho, regalatagli dal padre all’età di 13 anni e mai più cambiata.
i soggetti, distanti, compongono insieme alle luci e alle ombre l’inquadratura con una capacità descrittiva fuori dal comune.
Non ha mai avuto intenzione di creare un book storico degli edifici e dei monumenti della città; piuttosto mirava a catturare l’anima di Hong Kong, le difficoltà e la capacità di resistenza (al lavoro e governo) dei suoi cittadini.
Fan Ho è stato un fotografo e regista cinese fra i più apprezzati a livello internazionale. Passato alla storia per le fotografie che raccontano la Hong Kong degli anni ‘50 e ’60, era nato a Shanghai nel 1931; cresciuto a Canton, nel 1948 si era trasferito ad Hong Kong, proprio in uno dei periodi più caotici della storia della città.(Nel 1945 il Regno Unito aveva ripreso il controllo della colonia, che era stata invasa da un’ondata di immigrati provenienti dalla Cina, prima a causa della guerra civile e successivamente per il timore di persecuzione da parte del Partito Comunista). La famiglia di Fan Ho non viveva una situazione di disperazione, come la maggior parte degli altri profughi. Il padre era un ricco commerciante, che aveva messo in piedi una tipografia, appena arrivato ad Hong Kong)
Per parlare di Fan Ho si può partire dal suo scatto più famoso «Approaching Shadow».
In quel titolo si riassume l’intera visione dell’autore, egli parte dall’ombra o meglio dal contrasto che l’ombra e la luce crea e lo cattura nelle sue fotografie.
Fan Ho ammira Cartier-Bresson da cui prende le mosse la sua fotografia, ma introduce un concetto ulteriore: lo storytelling, cioè la capacità di comunicare partendo dall’osservazione del luogo in cui scatta, inserendo in esso involontari attori.
Fan Ho scattava le sue foto la mattina presto o la sera tardi, ogni volta che il sole era molto basso all’orizzonte, in modo che le scene avessero delle ombre lunghe che fornissero profondità al bianco e nero.
«Il bianco e nero è il mezzo migliore per esprimere la mia visione del mondo. Credo che il colore sia meglio lasciarlo ai pittori, possono farlo meglio».
«Prima devi trovare la location ideale. Poi devi essere paziente ed attendere il soggetto giusto capace di suscitare il tuo interesse, anche semplicemente un gatto per esempio. Devi essere capace di cogliere l’attimo in cui lo spirito, l’essenza, l’anima del soggetto, si rivelano.. Se quell’attimo non arriva, devi aspettare la sensazione giusta. E’ un lavoro creativo, perché’ quella sensazione la devi avere dentro lontano…»
«Credo che la tecnica non sia troppo importante. È più importante usare i tuoi occhi, la mente e il cuore. La tecnica è qualche cosa che ognuno può fare. Se vuoi portare la tua fotografia ad un livello più elevato devi raccontare qualche cosa. Muovi qualche cosa. Dovete sentirlo quando fate fotografie e ciò vi porterà ad livello più alto. La fotografia deve essere inquietante e deve valer la pena di esser ricordata.»
Bio Fan Ho
Grazie a questi link ho scoperto di più su questo grande fotografo, in modo particolare la South China Morning Post con i suoi svariati articoli. Tutte le citazioni e foto sono prese dal sito Ufficiale di Fan Ho
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